Viviamo in un tempo che ci spinge ad affrontare la realtà “di pancia”: immediatamente, così come la si sente dentro, in un modo immediato e poco pensato, magari anche in modo aggressivo, gridando e protestando, accusando e insultando. La pancia mi porta anche a ricercare ciò che è a mio unico e principale vantaggio, l’affermazione di me stesso, io prima degli altri.
In questo contesto risuonano, in controtendenza, le parole del Signore: “Ritornate a me con tutto il cuore”. Un invito a ricentrare la nostra vita su di Lui, a far sì che la fede non sia solo un fatto esteriore, ma che dia sostanza e colore al nostro modo di pensare, di sentire e di agire.
Con la Quaresima, la Chiesa ci dona 40 giorni per mettere in atto un processo di conversione, di ritorno al Signore. Forse oggi più che in altri tempi abbiamo proprio bisogno di questo tempo, per rallentare un po’ il turbine delle nostre emozioni, il correre dei nostri pensieri, l’esplodere dei nostri risentimenti. Un pensatore disse: “il nostro mondo va così veloce che l’anima è rimasta indietro”. Mi piace questo pensiero: convertirsi, cioè riallineare la vita con la nostra anima, rimettere insieme fede e vita, pensiero e Vangelo, cuore e amore di Dio. Insomma, uscire dal vivere “di pancia”.
La Chiesa, nella sua saggezza millenaria, ci ripropone quaresima i mezzi adatti per ritornare al Signore: la preghiera, il digiuno e la carità.
La preghiera per sperimentare sempre di più l’intimità con il Signore e nutrire il cuore dei sentimenti di Cristo. Una preghiera calma e silenziosa, che spegne per un attimo i clamori e i rumori della vita, per accordare il cuore sulle note del Vangelo. Una preghiera che si nutre di Parola di Dio e di sacramenti, di Eucarestia e di Riconciliazione.
Il digiuno che ci ricorda che le cose necessarie per vivere sono proprio poche, che “solo Dio basta”. Un digiuno certamente dal cibo, ma direi oggi anche dalle parole inutili, dalle parole violente, dalle parole che accendono risentimenti e divisioni. Un digiuno che ci porti a fare più silenzio, a mettere un po’ di tempo e di spazio fra ciò che “sentiamo” e ciò che diciamo o facciamo, insomma un digiuno che ci faccia un po’ rallentare. Un digiuno che sia rinuncia alle pretese del nostro egoismo per lasciare affiorare i sentimenti che il Signore ha messo nel nostro cuore.
Infine la carità, che è attenzione all’altro. Attenzione che cresce solo nella misura in cui, come Gesù, ci rivestiamo di compassione, di vicinanza, di ascolto. Una carità che ha come metodo il prendere su di sé il dolore dell’altro, il provare a mettersi nei panni dell’altro per capire ciò che egli prova, per capire le sue ragioni. Ma anche una carità che come dice l’Apostolo Paolo “non abbia finzioni”, cioè sia disinteressata e soprattutto concreta, quindi fatta di gesti chiari, precisi e misurabili.
Il segno delle ceneri ci ricorda che questo cammino è decisivo, che senza conversione siamo cenere cioè roba inutile e senza valore, che ogni piccolo soffio dissolve per sempre.
Mettiamoci allora in cammino, mettiamoci insieme in questo cammino, per tornare al Signore con tutto il cuore, perché anche in questa quaresima possiamo morire a noi stessi, nella certezza che risorgeremo insieme a Gesù.
Buona quaresima
+ Marco