Le Comunità Energetiche Rinnovabili hanno finalità sociali, oltre che economiche e ambientali, rappresentano una misura importante di contrasto alla povertà energetica e possono permettere alle Diocesi non solo di destinare risorse economiche alle famiglie in difficoltà, ma anche di migliorare luoghi parrocchiali dedicati alla socialità. Vediamo un quadro di quanto si fa nella nostra Diocesi.
Un po’ di storia
Con la pubblicazione dell’enciclica Laudato Si’, il 24 maggio 2015, Papa Francesco ha donato alla Chiesa uno strumento prezioso di aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa, riconoscendo il deterioramento dell’ambiente naturale, la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico fra le maggiori sfide del nostro tempo e che è in gioco la responsabilità e la capacità di impegno di tutti i cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà. Il clima, definito come “bene comune, di tutti e per tutti” (Laudato Si’, 23), per la sua intrinseca complessità richiede la considerazione di ognuno dei fattori umani che ne compromettono la stabilità. Con grande chiarezza, assieme al richiamo per un necessario cambiamento nelle ‘cause strutturali’ degli squilibri del sistema esistente attraverso ‘nuove politiche nazionali e locali’, Papa Francesco parla della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, e della responsabilità del sistema energetico mondiale nell’emissione di gas climalteranti. Nella sua lungimiranza, tra le soluzioni proposte l’enciclica Laudato Si’ fa riferimento alle Comunità Energetiche Rinnovabili: “In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza.” (Laudato Si’, 179).
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) hanno suscitato particolare interesse anche in Italia a partire dalla Settimana Sociale dei Cattolici a Taranto, tanto che, a partire dalla fine del 2022, la Segreteria Generale della CEI ha costituito un Tavolo Tecnico che riunisce gli Uffici che a vario titolo sono impegnati sul tema, e che recentemente ha pubblicato un vademecum per chi, nelle parrocchie e nelle diocesi, vuole cimentarsi con la realizzazione di una CER.
A dire il vero, anche tutto il mondo delle istituzioni europee in primis, e italiane a seguire, si è mosso con decisione negli ultimi anni per favorire la realizzazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili, come importante strumento per la riconversione della produzione di energia elettrica da fonti fossili (che vale fino al 60% della produzione di CO2 in Europa) a fonti rinnovabili (che alle nostre latitudini, in Italia, significa soprattutto impianti fotovoltaici). Dopo una fase di stallo durato tutto il 2022, la possibilità operativa di realizzare comunità energetiche su larga scala, anche in Italia, ha finalmente preso il via con la pubblicazione in data 23/01/2024 sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) del decreto attuativo previsto dal D.lgs. n. 199/21 in materia di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e similari, e con il Decreto, in data 23 febbraio 2024, con cui il MASE ha approvato le Regole Operative del Gestore del Sistema Elettrico (GSE) che mirano a disciplinare le procedure per l’accesso alle tariffe incentivanti e ai contributi in conto capitale previsti da una misura del PNRR (i comuni fino a 5000 abitanti possono usufruirne fino al 40% del valore dei nuovi impianti).
Che cos’è allora una Comunità Energetica Rinnovabile?
Una Comunità energetica è un soggetto giuridico, riconosciuto dal decreto legislativo 199/2021, che è stato emanato in Italia a seguito del recepimento di direttive europee. Questo soggetto giuridico si basa sulla partecipazione aperta e volontaria di persone fisiche, imprese, associazioni, enti locali ed enti religiosi.
L’obiettivo principale di una Comunità energetica è fornire benefici ambientali, economici e sociali ai suoi membri e alle comunità locali in cui essa opera, attraverso la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. La CER si configura dunque come soggetto giuridico autonomo che non ha scopo di lucro (sono possibili diverse forme: associazioni, consorzi e società consortili, cooperative, fondazioni di partecipazione).
Vi è un produttore di energia (o più), che installa un impianto fotovoltaico (nessun singolo impianto di produzione da rinnovabili deve avere una potenza superiore a 1 MW). Questo soggetto poi, oltre a consumare l’energia che autoproduce, condivide con altri soggetti quella in eccesso. Gli impianti di riferimento della CER debbono essere entrati in esercizio dopo la costituzione formale della stessa. I punti di accesso alla rete, per produttori e consumatori, devono essere sottesi a una sola cabina di distribuzione primaria (questo è un punto molto importante, che impedisce ad esempio di realizzare una sola “configurazione” di produzione a autoconsumo per tutta la Diocesi).
La CER riceve dallo Stato, per 20 anni, un incentivo per l’energia condivisa con gli altri soggetti partecipanti che beneficiano così di uno scambio virtuale, in base a quanto disposto dal decreto attuativo del 24 gennaio 2024. Per beneficiare degli incentivi occorre che l’energia condivisa venga consumata contemporaneamente alla sua produzione.
Che cosa succede in Diocesi di Asti
Anche la Diocesi di Asti intende far propri gli obiettivi resi possibili attraverso la costituzione delle CER: fornire benefici economici, sociali e ambientali al territorio su cui svolge la propria missione. Come naturale conseguenza, favorisce e supporta le iniziative delle parrocchie o vicarie che intendono costituirle. Per farlo, ho costituito, nell’ambito dell’Ufficio Economato, un gruppo di lavoro diocesano specifico, costituito dallo scrivente, Giovanni Battista Monti (ex responsabile tecnico comunale a Quattordio), Pietro Costa (professionista specializzato su tematiche energetiche), Giovanni Valente e lo stesso Economo, Carlo Cavalla.
Il primo progetto a prendere forma è stato quello della CER “Valtriversa”, espressione della volontà di un gruppo di persone della omonima vicaria di dare seguito alla “Scuola di Comunità” promossa da don Luca Solaro nello scorso autunno – inverno, anche in senso “energetico”. Tale sforzo interessa tutte le dieci parrocchie della Vicaria, e vede anche il parroco di Villafranca, don Antonio Delmastro, attivamente coinvolto. Per muovere i primi passi, il gruppo di lavoro ha contattato l’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Torino, che ha partecipato ad alcuni incontri in cui ci è stata raccontata l’esperienza-tipo della parrocchia di Piossasco, e ci è stata offerta l’opportunità di estendere anche alla Diocesi di Asti la convenzione sottoscritta col Politecnico di Torino per gli studi di fattibilità tecnico-economica, e la collaborazione col loro tavolo tecnico per gli aspetti giuridico-amministrativi. Al momento il gruppo vicariale sta focalizzando l’opportunità di realizzare un impianto fotovoltaico di circa 100 kW su un’area di pertinenza della parrocchia di Monale, a cui associare uno o più impianti minori sugli edifici della parrocchia di Villafranca.
Un secondo progetto riguarda il tessuto cittadino che gravita sulla città di Asti, le relative frazioni e comuni limitrofi. Su questo progetto il gruppo di lavoro diocesano assume anche un ruolo propositivo e di coordinamento per la realizzazione delle CER idonee a coprire tutto il territorio interessato. Al momento, l’attenzione è focalizzata sull’area “Asti Ovest”, che comprende le parrocchie: Nostra Signora di Lourdes (candidata “produttore”); S. Caterina; S. Giovanni Bosco (candidata “produttore”); Cattedrale; Frazione Viatosto; Frazione Valleandona; Frazione Revignano; Frazione Casabianca; Frazione Vaglierano; Frazione Serravalle; a livello diocesano: Museo Diocesano S. Giovanni; fuori Asti: si possono aggiungere le parrocchie di: Chiusano; Cossombrato; Settime; Revigliasco. Ovviamente, c’è l’intenzione di focalizzarci in un secondo momento anche sulla CER “Asti Est”.
Il beneficio economico atteso è la riduzione dei costi energetici delle utenze parrocchiali o di enti diocesani. Il beneficio sociale a cui la Diocesi mira è la mitigazione delle situazioni di povertà energetica delle famiglie bisognose, da ottenere mediante l’inclusione diretta nella CER, come socio consumatore, oppure la distribuzione di parte degli incentivi ottenibili attraverso la comunità energetica. A tali benefici occorre aggiungere quello, non facilmente quantificabile, ma importantissimo dal punto di vista culturale: imparare a lavorare “in comunità”, abbandonando i piccoli recinti in cui storicamente siamo abituati a chiuderci.
Gianpiero Poncino