Una massa di disperati schiacciata sul molo, estrema fuga dalle fiamme che devastano la città. Gli occhi fissano le navi degli alleati, che sembrano proiettare sugli sventurati l’ombra protettrice delle grandi nazioni. Marinai ed ufficiali osservano la scena, fotografano, fumano, sottocoperta mangiano e ascoltano musica: non si muovono, non accostano, restano testimoni muti del massacro compiuto dai turchi.
Termina così “La strada di Smirne”, dedicato da Antonia Arslan al genocidio del popolo armeno, che viene commemorato ogni 24 aprile. È la trama della persecuzione a cui la minoranza cristiana continua a essere esposta, come nel sangue sparso sulla Pasqua in Sri Lanka. “I martiri di ogni tempo, con la loro fedeltà a Cristo, raccontano che l’ingiustizia non ha l’ultima parola”, afferma Papa Francesco. A quali responsabilità ci inchiodano le loro vita spezzate.
don Ivan Maffeis
Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana